IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa  civile  di  primo
 grado  iscritta  a  ruolo  il  6  aprile  1993, al n. 2890/1993 r.g.,
 promossa da Benvegnu' Pasini Carlo, Benvegnu' Pasini Irene, Benvegnu'
 Pasini Francesco, attori, con il proc. e dom. avv. Luciano Penasa con
 studio  in  Padova,  via Rezzonico n. 6, contro il comune di Piove di
 Sacco, convenuto, con il proc. e dom. avv.  Ivone  Cacciavillani  con
 studio in Padova, via Davila n. 14 c/o avv. F. Mazzaroli.
   Premesso  che  con  sentenza  non definitiva in pari data, resa nel
 giudizio promosso da Carlo Benvegnu' Pasini, Irene Benvegnu' Pasini e
 Francesco  Benvegnu'  Pasini   per   l'accertamento   dell'accessione
 invertita   relativa   a   porzione   di   un  fondo  in  conseguenza
 dell'esecuzione di opera pubblica da parte del  comune  di  Piove  di
 Sacco,   con   la  quale  e'  stata  accolta  la  domanda  principale
 dichiarando che a far data dall'11 docembre 1993 i comune di Piove di
 Sacco e' divenuto proprietario del terreno degli attori  identificato
 in   catasto  alla  p.c.  282,  Sez.    U.,  foglio  15,  mappale  5,
 limitatamente  alla  superficie  di  mq.  3968  occupata   dall'opera
 pubblica, e rimettendo alla prosecuzione del giudizio la liquidazione
 del risarcimento del danno per la perdita dell'area;
   Considerato  che  ai  fini  della  liquidazione si rende necessario
 l'espletamento di accertamento  tecnico  per  l'individuazione  della
 consistenza  dell'area  asservita all'opera pubblica e del suo valore
 di mercato;
   Rilevato che nelle more del giudizio e' entrata in vigore la  legge
 28  dicembre  1995,  n. 549, che all'art. 2, comma sessantacinquesmo,
 modificando il comma sei dell'art. 5-bis del d.-l. 11 luglio 1992, n.
 333, convertito con legge  n.  359  del  1992,  ha  disposto  che  il
 criterio  transitorio di determinazione dell'indennita' di esproprio,
 corrispondente  alla  semisomma  del  valore  venale  e  del  reddito
 dominicale  abbattuta  di  una  detrazione  ulteriore  del 40%, debba
 trovare applicazione "in tutti i casi in cui non  sono  stati  ancora
 determinati  in  via definitiva il prezzo, l'entita' dell' indennizzo
 e/o del risarcimento del danno, alla data di entrata in vigore  della
 legge  di  conversione"  del  decreto  n.  333  del 1992, in tal modo
 dettando una disciplina, applicabile anche al  caso  di  specie,  che
 assoggetta  al  medesimo trattamento situazioni giuridiche totalmente
 difformi nei presupposti e nel rilievo giuridico, quali  l'indennizzo
 per  l'esercizio legittimo del potere espropriativo e il risarcimento
 del  danno  per  fatto   illecito   (situazioni   riconosciute   come
 "assolutamente    divaricate   e   non   comparabili"   dalla   Corte
 costituzionale con la sentenza n. 442 del 16 dicembre 1993, resa  nel
 giudizio  di  legittimita'  sul  d.-l.  n.  333  del  1992), cosi' da
 apparire in contrasto con il principio di eguaglianza cui all'art.  3
 della Costituzione;
   Ritenuto che il disconoscimento dell'equo  risarcimento  del  danno
 nella  misura corrispondente al valore venale del diritto sacrificato
 comporta, per altro verso, ingiustificata deroga ai principi generali
 in tema di responsabilita' aquilana posti dagli  artt.  2043  e  2056
 c.c., sicche' la norma richiamata appare anche introdurre illegittima
 discriminazione  con riguardo all'identica posizione in cui versano i
 proprietari il cui diritto sia sacrificato illecitamente  dalla  p.a.
 con  la realizzazione dell'opera, rispetto ad ogni altro soggetto che
 subisca altrimenti la perdita di un bene  in  conseguenza  del  fatto
 illecito  altrui,  ponendosi cosi' in contrasto con i principi di cui
 agli artt. 3 e 41 della Costituzione;
   Ritenuta   l'enunciata  questione  di  legittimita'  costituzionale
 rilevante ai fini del decidere e non manifestamente infondata.